lunedì 18 novembre 2013

Il 40% popolazione mondiale ha una o più allergie


Numeri impressionanti quelli diffusi dall'Oms. Stiamo parlando di asma, rinite, anafilassi e poi allergie alimentari, ai farmaci, al veleno di insetti e così via. L'allarme lanciato nel corso del Congresso Internazionale “Highlights in Allergy and Respiratory Diseases” a Genova, dove è emerso anche un altro problema tutto italiano. Quello dei rimborsi per le terapie.

E' finito ieri, dopo aver raccolto contributi da parte di 500 specialisti da tutto il mondo il Congresso Internazionale “Highlights in Allergy and Respiratory Diseases”, appuntamento dedicato alle malattie allergiche e respiratorie che si è svolto a Genova. L’obiettivo dell'iniziativa era quello di discutere ed analizzare le nuove conoscenze scientifiche e competenze cliniche alla luce dei progressi della ricerca scientifica, con una profonda attenzione alle linee guida internazionali e agli studi provenienti dall’Europa e dall’America. O in altre parole “quello di poter scambiare le opinioni a livello internazionale e, per quanto riguarda la comunità italiana, di interagire e prendere spunto dalle esperienze provenienti da diversi continenti: dal Giappone all’India, dagli Stati Uniti, dalla Germania, dalla Scozia e dall’America Latina”, come ha commentato Giorgio Walter Canonica,scienziato della Clinica di Malattie Respiratorie e Allergologia nell'Università di Genova che ha organizzato l'evento.

La prevalenza delle malattie allergiche in tutto il mondo è drammaticamente in aumento, sia nei paesi occidentali che nei paesi in via di sviluppo. Queste malattie comprendono l’asma, la rinite, l’anafilassi, l’allergia a farmaci, l’allergia alimentare, l’allergia al veleno di insetti, l’eczema, l’orticaria e l’angioedema. Questo aumento della prevalenza è particolarmente problematico nell’età pediatrica, fascia d’età che influenza in modo maggiore questa nascente tendenza che si è verificata negli ultimi due decenni.
Secondo le statistiche dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), centinaia di milioni di soggetti nel mondo soffrono di rinite allergica e si stima che 300 milioni di questi sono affetti anche da asma, con una notevole influenza sulla qualità della vita di questi individui e delle loro famiglie, e con un impatto negativo sul benessere socio-economico della società. E si stima inoltre che 250mila decessi all’anno per asma nel mondo siano evitabili. 
Si è verificato un 
costante aumento nella prevalenza delle malattie allergiche a livello globale
e circa il 40% della popolazione mondiale 
è ormai colpita da una o più patologie allergiche.

Una quota elevata di questo aumento si sta verificando nei soggetti giovani; cosicché si prevede che, quando questa popolazione giovane raggiungerà l’età adulta, la prevalenza delle malattie allergiche sarà ancora maggiore.
Sono in aumento anche i casi più complessi di allergia che implicano la polisensibilizzazione e che coinvolgono molteplici organi, con una alta morbidità e un aumento della domanda dei servizi di assistenza sanitaria. Si prevede che i problemi allergici aumenteranno ulteriormente dato l'inquinamento atmosferico e l'aumento del riscaldamento globale. Questi cambiamenti ambientali influenzeranno la conta pollinica, la presenza o l'assenza di insetti pungenti e di muffe legate alle malattie allergiche. (...) 

Sono stati inoltre presentati dei nuovi documenti internazionali: uno riguarda la nuova diagnostica allergologica molecolare, ossia come si arriva alla pratica clinica; un altro, invece, sulla immunoterapia sublinguale, con importanti integrazioni tra ricerca italiana e quella mondiale. Mentre migliora la qualità dell’immunologia in Italia, al pari passo con il resto del mondo, si registra un fenomeno di notevole importanza, ossia la difficoltà di rimborso, ad esempio l’Immunoterapia Specifica. Essendo questo di competenza territoriale, sono poche le regioni che indennizzano questa terapia. “Se in Lombardia, ad esempio, il rimborso è totale – spiega il Prof. Canonica - nella maggior parte delle regioni questo ancora non avviene. In Liguria il rimborso è parziale, proporzionale al reddito del paziente. A tal ragione lancio un appello alle singole regioni, affinché ognuna si muova per tutelare i propri cittadini: occorre non soltanto aiutare i pazienti nel sostenimento di tali spese, ma anche sensibilizzare per far conoscere queste malattie e le relative terapie, su cui c’è ancora scarsa informazione specifica. Difatti quando i sintomi esplodono, potrebbe essere troppo tardi per una cura efficace”.

Fonte: www.quotidianosanita.it





venerdì 8 novembre 2013

Sensibilità al glutine: non è celiachia né allergia al grano.

La “battaglia” contro il glutine non si gioca solo nel campo della celiachia. Oggi la sfida più interessante riguarda la sensibilità al glutine, un disturbo di cui sa ancora poco, ma correlato anche alla dieta. Per inquadrarlo, è necessario escludere che si tratti di allergia al grano o alla normale celiachia. «Il mondo scientifico non ha più dubbi sull’esistenza della sensibilità al glutine non dovuto a celiachia», dichiara Carlo Catassi, docente di Pediatria all’Università Politecnica delle Marche e coordinatore del Comitato Scientifico del Dr. Schär Institute, legato alla principale azienda produttrice di alimenti senza glutine.
Sul disturbo s’è fatto il punto in una recente pubblicazione apparsa su Nutrients, ma è tuttora impossibile compiere una diagnosi certa. Da qui il fenomeno che porta sempre più consumatori a escludere autonomamente i prodotti a base di glutine dalla dieta, con un danno per il portafoglio e per la salute. I prodotti senza glutine, infatti, costano anche più del doppio rispetto agli stessi ottenuti da farina di grano: per 200 grammi di merendine si spendono 3,8 euro, 150 grammi di cracker quattro euro, un chilo di lasagne sedici euro.

Per seguire le star, milioni di persone, senza alcuna necessità, si sono convertite al senza glutine. La moda gluten-free ha fatto il resto. L’attrice Gwyneth Paltrow e la presentatrice statunitense Oprah Winfrey, che celiache non sono, hanno sposato la causa degli alimenti privi di glutine. «E adesso ci sentiamo meglio». Il tennista Novak Djokovic ha azzardato una correlazione tra la sua nuova dieta e i successi sportivi: priva di alcun riscontro scientifico. Il risultato è che, per seguire questi modelli, milioni di persone, senza alcuna necessità, si sono convertite al senza glutine. 
Correndo così il rischio di un possibile ritardo di una diagnosi di celiachia.

«Questo tam-tam mediatico deve essere combattuto – sostiene Umberto Volta, docente di medicina interna all’Università di Bologna e coordinatore del board scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia. – Lo stesso discorso vale per l’auto diagnosi: chi sospetta di essere sensibile al glutine non deve di sua iniziativa mettersi a dieta aglutinata, ma rivolgersi a un centro di riferimento per la celiachia. Qui, eventualmente, sarà esclusa questa l’intolleranza, assieme a una possibile allergia al grano, e si valuterà il sospetto di sensibilità al glutine».

 
Nella sensibilità al glutine la soglia di tolleranza al glutine può essere molto flessibile 
e va fissata individualmente

Ma se a essere coinvolte fossero anche altre sostanze presenti negli alimenti? Oggi si sa che il glutine non è il solo elemento scatenante la sensibilità al glutine. Nel mirino degli studiosi ci sono anche altre proteine del grano (inibitori dell’amilasi-tripsina) e soprattutto gli oligo-mono-disaccaridi fermentabili e i polioli, identificati dalla sigla FODMAPs, contenuti in diversi alimenti: nei derivati del grano e della segale, nel cous-cous, nel latte e ne suoi derivati, in alcuni tipi di frutta (mango, pera, cocomero, ciliegie, albicocche, datteri e fichi), nel miele, nel cioccolato, nelle verdure cotte a foglia larga (più di tutte cicoria e bietola), negli asparagi, nei broccoli, nel finocchio, nei legumi, nei peperoni e nei funghi. «Diverse ricerche hanno dimostrato come una dieta a basso contenuto in FODMAPs migliori il quadro della sensibilità al glutine - prosegue Volta -, ma a incidere in maniera importante sullo sviluppo dei sintomi sembrano essere anche i conservanti e gli additivi alimentari: sotto accusa ci sono il glutammato, il benzoato, i solfiti, i nitrati e vari coloranti».

Eliminare il glutine dalla dieta dopo la valutazione dello specialista non è dunque l’unico rimedio da adottare. E comunque nulla, in assenza di celiachia, è per sempre. «Nella sensibilità al glutine la soglia di tolleranza al glutine può essere molto flessibile e va fissata individualmente – spiega Luca Elli, responsabile del centro per prevenzione e diagnosi della celiachia al Policlinico di Milano – alcune persone potrebbero non essere costrette né ad adottare una dieta così stretta né a seguirla con costanza per tutta la vita».
 

mercoledì 26 giugno 2013

Allergie alimentari in aumento?

Le allergie alimentari sono sempre più diffuse, anche nel nostro Paese. Rispetto a 10 anni fa, infatti, i casi sono notevolmente aumentati, soprattutto fra i bambini. Secondo le stime dell’EAACI (European Academy of Allergy and Clinical Immunology), in Europa sono 17 milioni le persone che ne soffrono, di cui 2 milioni sono italiani. L’incremento dei casi è testimoniato anche dall'aumento del numero dei ricoveri ospedalieri per gravi reazioni allergiche a cibi consumati.
Per prevenire le allergie e le intolleranze alimentari e rallentare anche la “corsa” di questo fenomeno nei prossimi anni, dall’EAACI arrivano finalmente le prime linee guida, rivolte non solo agli allergici, ma anche ai medici, alle donne in attesa e a tutti gli operatori del settore, dai produttori di materie prime ai ristoranti. Il documento è stato appena presentato a Milano, durante il World Allergy Asthma Congress che la Società europea ha organizzato assieme alla World Allergy Organization (WAO).
Come ha spiegato Maria Antonella Muraro, coordinatrice del Centro di riferimento regionale per lo studio e la cura delle allergie e intolleranze alimentari del Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova. 

"Mancava fino a oggi un documento chiaro che dicesse chi deve fare che cosa per una gestione ottimale del problema allergie. Negli Stati Uniti, ad esempio, nel 2010 sono state emanate linee-guida analoghe, ma limitate a indicazioni sulla diagnosi e la terapia delle allergie alimentari: 
l’Europa è voluta andare oltre."

Per esempio, le nuove linee guida raccomandano corsi di addestramento per chi si occupa di ristorazione, con lo scopo di ridurre e gestire il rischio e le reazioni di shock anafilattico, anche negli spazi pubblici. Particolare attenzione, poi, è stata dedicata alle donne in gravidanza, che per la prima volta hanno indicazioni chiare e complete per la prevenzione delle allergie alimentari nei bambini. Le linee guida, inoltre, saranno consultabili pubblicamente sul sito web dell’EAACI e fino al 3 luglio sarà possibile commentare anche i contenuti.

Fonte: medicinalive

domenica 24 marzo 2013

Giornata mondiale dell’allattamento al seno: 29 marzo

Il prossimo 29 marzo si celebrerà la Giornata mondiale dell’allattamento al seno. Un giorno del quale sottolineare, se ancora ce ne fosse bisogno, l’importanza di questo grande atto d’amore della madre nei confronti del figlio, sia da un punto di vista emotivo che medico.Non dobbiamo mai dimenticarlo: attraverso l’allattamento al seno la donna passa al proprio figlio con il latte materno una protezione importante, fortificando il sistema immunitario del piccolo, ancora debole, con anticorpi importantissimi per il mantenimento della sua salute. Senza contare che questo contatto rafforza molto il legame sociale ed affettivo che si viene a creare tra la madre ed il bimbo.

Ed a proposito di questo, è necessario creare un distinguo tra paesi occidentali e quelli in via di sviluppo. La giornata mondiale dell’allattamento al seno punta a promuovere questo atto in entrambe le situazioni, ma con approcci diversi. Nei paesi in via di sviluppo, spesso le condizioni igieniche nelle quali le persone vivono, la scarsità di cibo ed anche la mortalità derivante dal parto rendono difficile l’allattamento naturale dei bambini. Al contrario di ciò che avviene nella società nella quale viviamo, dove le donne spesso decidono di non allattare il proprio bambino per motivi estetici perché altrimenti rischiano “di rovinarsi il seno”.

Un atteggiamento molto stupido e pericoloso quasi quanto il mancato allattamento per motivazioni ben più gravi. Ecco quindi che la Giornata Mondiale dell’allattamento al seno si rende necessaria per fare il punto della situazione e proporre delle soluzioni valide per tutte le problematiche che portano alla rinuncia di questo atto da parte della donna. Attraverso la sensibilizzazione da una parte ed il supporto diretto dall’altro. Basta fare un giro attraverso le proposte delle diverse associazioni sparse per il globo per comprendere come questa sia la strada giusta da perseguire. Allattare un bambino al seno non è solo un modo per alimentarli ma, lo ribadiamo, è un atto d’amore grandissimo con il quale la donna può continuare a donare vita al proprio bambino.

sabato 2 marzo 2013

Conosciamo la flora batterica intestinale

L’intestino di un soggetto adulto ospita circa 500 specie unicellulari. Queste, quasi tutte batteriche, vengono identificate come ‘flora’ o ‘microflora’ intestinale con funzioni fondamentali e vitali per il benessere e la sopravvivenza stessa dell’individuo.
L’intestino umano, sterile alla nascita, viene rapidamente colonizzato da microrganismi (piogeni, patogeni, funghi e altri più rari organismi unicellulari) fino ad ammontare, in un individuo adulto, a circa 1.000.000.000.000.000 cellule vive.

Lo sviluppo della flora intestinale segue uno schema ben noto: all’inizio l’intestino è sterile nell’utero materno, e subisce la prima contaminazione per via orale a partire dalla flora vaginale materna. Tra il 20° giorno dalla nascita, e fino al 4°-6° mese di vita, si sviluppa una flora primariamente costituita da bifidobatteri. Con lo svezzamento si assiste ad una lenta transizione che condurrà infine il giovane intestino ad una composizione sovrapponibile a quella tipica di un soggetto adulto. Una volta stabilizzata nell’intestino adulto, la flora risulterà essere piuttosto specifica lungo l’asse gastrointestinale differenziandosi tra stomaco intestino tenue e intestino crasso.

Per quanto concerne il trattamento prebiotico, è potenzialmente possibile costituire uno strumento preventivo-terapeutico per le disbiosi in genere, tenendo in attenta considerazione i rapporti quantitativi tra bifidobatteri e batteri lattici che, nel loro insieme, sono il reale bersaglio del trattamento prebiotico (Composizione prebiotica ad alta specificità per lattobacilli e bifido batteri in prevenzione e trattamento delle alterazioni della flora intestinale, F. Di Pierro, A. Callegari, M. Speroni, R. Prazzoli, G. Rapacioli, L’ Integratore Nutrizionale 2009, 12 ).

Largamente riconosciuti dalla comunità scientifica come in grado di influenzare positivamente il benessere intestinale inteso come capacità immunologica, digestiva, di transito, anti-stipsi, anti-diarroica e di assorbimento dei nutrienti, bifidi e lattobacilli possono essere infatti ‘alimentati’ ricorrendo all'uso di fibre prebiotiche, costituendo queste un vero e proprio substrato nutritizio solo per queste due specie batteriche.

Secondo la definizione del Ministero della Salute:

le fibre prebiotiche sono sostanze non digeribili di origine alimentare che, quando assunte in quantità adeguata, favoriscono selettivamente la crescita e l’attività di uno o più batteri già presenti nel tratto intestinale o che vengono assunti insieme al prebiotico’.

Fibre prebiotiche scientificamente documentate, e quindi impiegabili in sicurezza, per uso umano sono: l’inulina, i galatto-oligosaccaridi (GOS), i frutto-oligosaccaridi (FOS), il lattosaccarosio, le pirodestrine, i soia-oligosaccaridi, i trans-galatto-oligosaccaridi, gli isomalto-oligosaccaridi, il lattilolo, il lattulosio, gli xilo-oligosaccaridi e il polidestrosio.

Degno di nota e rilievo, GOS e FOS sono naturalmente presenti, in rapporto 9:1, nel latte materno. Questo rapporto deve essere ritenuto fondamentale, e quindi mantenuto invariato, se si considera il latte materno come il primo elemento dietetico naturale formante la microflora intestinale bilanciata del neonato.
Le alterazioni della flora intestinale, secondarie ad IBS, antibiotico-terapia, sbilanciamenti dietetici, stress, colite, diarrea ad eziologia varia, etc, vengono oggi trattate principalmente con farmaci (principalmente OTC) e/o integratori alimentari contenenti ingredienti probiotici e/o prebiotici. Oltre ad essere un valido principio attivo, le fibre prebiotiche hanno il grande vantaggio di essere facilmente stabilizzate all'interno del formulato finitoPer esse, inoltre, non deve essere verificata la vitalità dopo il superamento della barriera gastrica e di quella biliare e, soprattutto, non devono essere eseguiti test per verificarne la capacità colonizzante. Anche lo svantaggio, non certo loro esclusivo, di provocare gonfiore, meteorismo e flatulenza può essere poi modulato razionalizzando i dosaggi e le posologie giornaliere.

Nonostante ciò, l’attivo a funzione prebiotico non viene considerato con l’attenzione che, quindi, meriterebbe.

lunedì 4 febbraio 2013

Ricercatori plurilaureati equiparati a centralinisti senza esperienza

Ricevo e giro:

Inran: l’odissea continua. Si rinnovano contratti di 22 ricercatori dequalificando il personale 
Pubblicato da Anissia Becerra il 21 gennaio 2013





Riceviamo alcune preoccupanti notizie da un gruppo di ricercatori interni all’INRAN, l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione della cui incresciosa storia ci siamo più volte occupati.

Dopo la sua soppressione e il suo accorpamento al Consiglio di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura (CRA), in virtù della legge di spending review dello scorso agosto, come abbiamo scritto in un articolo di dicembre, oltre 20 ricercatori precari con maggiore esperienza (laurea, dottorato di ricerca, master e pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali) hanno dovuto sottostare alle immotivate disposizioni del Direttore Delegato Salvatore Petroli per avere un nuovo contratto della durata di soli 3 mesi e mezzo. Rinunciando a mentenere intatta la propria dignità, questi lavoratori hanno dovuto accettare una riduzione dello stipendio che li ha equiparati al personale precario con profilo di centralinista per il quale non è prevista alcuna specializzazione né titolo accademico.

A questo punto ci si domanda se in Italia il valore che si dà alla ricerca sia pura retorica da bar o reale sentimento. Purtroppo la situazione non sembra risolversi e in assenza dei decreti attuativi relativi al decreto che prevede l’accorpamento con il CRA, bisogna solo aspettare fiduciosi nuovi eventi.


"non trovo nemmeno le parole per commentare un fatto del genere..."




martedì 1 gennaio 2013

Caffeina per dimagrire?


Quante volte avrete sentito dire che il caffè aiuta a dimagrire? E invece, pare di no. Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università del Queensland, infatti, è la caffeina ad avere un effetto dimagrante. Lo studio è stato condotto su topi alimentati a zucchero, grassi e latte, che, chiaramente sono diventati obesi. Gli animali sono stati trattati sia con il caffè, che con un integratore a base di caffeina, ma solo con quest’ultimo sono riusciti a perdere peso e a ritornare a quello di partenza.

Come ha spiegato la dottoressa Lindsay Brown, che ha coordinato la ricerca:
La nostra ipotesi era che ogni effetto osservato con il caffè fosse dovuto alla caffeina, ma altri componenti nel caffè, non sappiamo quali, sembrano contrastare le proprietà di riduzione di peso della caffeina.
(...) Nonostante il caffé sia una tra le bevande più consumate al mondo, si conosce ancora poco. Mentre è certo che la caffeina riduce i livelli di grasso, la dottoressa australiana sconsiglia l’uso di prodotti a base di caffeina, per tenere sotto controllo il peso.

Lo studio, inoltre, ha dimostrato come sia la caffeina che il caffè, purché non ristretto, migliorano le funzioni del cuore e del fegato. 



Chiaramente, è bene non esagerare, l’eccesso di caffeina, infatti, può causare acidità di stomaco, tachicardia, tremori, sbalzi di pressione sanguigna. Inoltre, è sconsigliato per chi soffre di ulcera, gastrite e reflusso gastroesofageo. Da limitare il consumo anche per gli ipertesi, i tachicardici e i cardiopatici. 


In genere è preferibile non superare la dose di 1 tazzina di caffè al massimo 3 volte al giorno.







Fonte: Medicinalive