lunedì 19 ottobre 2015

Pilates per rimettersi in forma!

Il proposito più comune tra l’intera popolazione mondiale è sicuramente quello, con l’anno nuovo, di dare spazio ad uno stile di vita più salutare e di fare maggiore attività fisica. Molte persone, donne in particolare, decidono di affidarsi a specifiche pratiche: tra le più scelte per rimettersi in forma vi è senza dubbio il pilates.
Il pilates, per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, consta in una serie di esercizi, con e senza attrezzi, fatti appositamente per diminuire la massa grassa e rinforzare i muscoli del corpo, dando modo allo stesso, tra i diversi benefici acquisiti, di acquisire più resistenza ed essere meno sensibile agli infortuni. Si tratta di mettere in atto, da soli o insieme ad un istruttore, dei movimenti controllati riguardanti principalmente il tronco ed il bacino, favorendo il rinforzamento dell’apparato muscolare e, non solo rimettere in forma l’organismo, ma anche preservarlo da patologie causate da una scorretta postura.

Il pilates, rispetto ad altri stili di fitness, possiede una particolarità: quella di coinvolgere anche la mente negli esercizi, dando a lei il compito, attraverso la concentrazione e la meditazione, di controllare meglio il corpo. Molto importante, nello svolgimento degli esercizi di pilates, è anche il controllo della respirazione. Unendo tutti questi fattori, si crea un sistema di lavoro perfetto per smaltire i risultati dei vizi accumulati e ritrovare la forma fisica. Il coinvolgimento è tale in questa tipologia di approccio all’attività fisica, che la stessa viene considerata perfetta per superare quello stato di spossatezza e tristezza che viene definita dagli esperti “January Blues”, la depressione di gennaio.

Se volete rimettervi in forma per il nuovo anno quindi, date pure spazio al pilates compatibilmente con le vostre condizioni di salute, attraverso manuali specifici o corsi tenuti da professionisti: non potrà che farvi del bene.

lunedì 12 ottobre 2015

Il Dietista è Professione regolamentata


Il Consiglio dei Ministri ha approvato questa mattina in via preliminare uno schema di regolamento di attuazione dei principi dettati dall’articolo 3, comma 5, del Decreto Legge n. 138 del 2011 in materia di professioni regolamentate.
Il DPR riguarda tutte le professioni ordinistiche, fatte salve in particolare le specificità di quelle sanitarie.
Lo schema di decreto contiene misure volte a garantire l’effettivo svolgimento dell’attività formativa durante il tirocinio e il suo adeguamento costante all’esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione e quindi l’interesse dell’utenza.
È prevista l’obbligatorietà della formazione continua permanente. La violazione di questi obblighi è sanzionata disciplinarmente. È stabilita inoltre l’obbligatorietà dell’assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, della quale deve essere data notizia al cliente.
La funzione disciplinare è affidata ad organi diversi da quelli aventi funzioni amministrative; allo scopo è prevista l’incompatibilità della carica di consigliere dell’Ordine territoriale o di consigliere nazionale con quella di membro dei consigli di disciplina territoriali e nazionali corrispondenti.


La pubblicità informativa è consentita con ogni mezzo e può anche avere ad oggetto, oltre all’attività professionale esercitata, i titoli e le specializzazioni del professionista, l’organizzazione dello studio ed i compensi praticati.
Con l’entrata in vigore del decreto in esame saranno abrogate tutte le norme incompatibili con quelle introdotte dal predetto. Successivamente, il Governo, entro il 31 dicembre 2012, provvederà a raccogliere le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto dell’articolo 3, comma 5 bis, del citato Decreto Legge.



Queste le professioni regolamentatehttp://www.andid.it/doc_caricati/file-1003-1.pdf


Fonte: Andid - Associazione Nazionale Dietisti

Il vero dimagrimento!


La parte più difficile del mio mestiere è far comprendere alle persone che il "numero" sulla bilancia è solo una piccola parte del tutto e che si può "dimagrire" anche se quel numero non scende!!! 

Chissà che questa immagine non sia più esplicativa di molte mie parole!!!

domenica 11 ottobre 2015

Nutrizione over 60

I cambiamenti fisiologici associati al processo dell'invecchiamento possono influenzare i fabbisogni nutritivi e anche l'intake dei nutrienti, ma bisogna abbandonare l'idea che oltre i 60 anni l'intervento nutrizionale debba essere rivolto essenzialmente ai pazienti fragili, malati e malnutriti.

La pratica professionale quotidiana ci insegna che molta della popolazione over 60 è infatti in buona salute e conduce una vita attiva caratterizzata da circostanze ambientali e sociali che possono influire notevolmente sul modo di alimentarsi.
L'alimentazione ha importanti ricadute sul processo dell'invecchiamento e sul benessere dell'anziano, promuove la sua salute, riduce il rischio di malattie croniche e qualora già ci siano ne riduce la progressione e i sintomi. 

Chi lavora con gli anziani deve essere proattivo nel dimostrare l'importanza che ha una corretta alimentazione, cosa saper scegliere quando si accede alla ristorazione collettiva o quando si acquista quanto ci mette a disposizione l'industria alimentare.
L'apporto energetico risulta talora eccedente le reali necessità fisiologiche correlate ad un ridotto dispendio energetico. La disidratazione si pone come una vera e propria forma di malnutrizione soprattutto in quei soggetti che cercano di ridurre la minzione per problemi di incontinenza. Un ridotto apporto proteico può esporre al rischio di sarcopenia e aumentare la fragilità.

Le principali indicazioni nazionali e internazionali non si discostano dal fabbisogno proteico per la popolazione adulta più giovane (0.8-0.9 gr/kg die) ma secondo alcuni esperti fabbisogni superiori a 1 gr fino anche a 1.5 gr per gk/die, potrebbero contrastare il catabolismo proteico. Adeguati apporti di Calcio e vitamina D sono necessari per contrastare l'impoverimento della massa ossea associati a una adeguata e costante attività fisica. Forme di gastrite atrofica e diete inadeguate sono causa spesso di carenza di vit. B12 e acido folico. Inoltre, un maggior consumo di verdure e frutta cotte o conservate, a discapito di quelle fresche, si traduce in un minor apporto di antiossidanti che può favorire la degenerazione maculare senile e contrastare la riduzione delle funzioni cognitive legato allo stress ossidativo a carico del tessuto nervoso. Chiudono il quadro un eccesso di sodio, zucchero e grassi saturi, talora aumentati anche per una riduzione della percezione del gusto.


È quindi auspicabile che i professionisti della nutrizione indirizzino i singoli cittadini e/o gruppi di popolazione verso scelte mirate e che le istituzioni favoriscano percorsi assistenziali e campagne educative finalizzate a questo target di popolazione, in un paese come il nostro dove 1/5 della popolazione ha oltre 65 anni e dove tale percentuale salirà nel 2025 a 1 abitante su 4.


Per approfondimenti:
1) Position of the Academy of Nutrition and Dietetics: Food and Nutrition for Older Adults: Promoting Health and Wellness - JAND, August 2012 Volume 112 Number 8
2) LARN - IV revisione 2014, SINU




Fonte: www.nutrizione33.it

giovedì 8 ottobre 2015

L’importanza delle visite di controllo durante la dieta

La maggior parte delle persone che si rivolgono ad uno specialista dell’alimentazione per dimagrire, non si presenta regolarmente alle visite di controllo. 

E’ abitudine frequente il dileguarsi una volta avuto il foglietto con “l’ambita” dieta, come se questo possa essere di per sé sufficiente a risolvere il problema del sovrappeso.
Un programma alimentare redatto con serietà deve essere a lungo termine, potrebbe cioè durare molti mesi, addirittura anni. Il motivo di ciò è dovuto al fatto che la prescrizione di una dieta non modifica il comportamento, quindi non ha senso puntare solamente su questa, perché sarebbe un sicuro fallimento. La prescrizione dietetica non motiva il paziente, è meglio stimolare la correzione del suo stile di vita, avviando con lui un rapporto empatico, un dialogo e una comunicazione condivisi allo scopo di raggiungere un benessere psicofisico, controllando lo stress in eccesso, bandendo sedentarietà e scorrette abitudini alimentari. É opportuno attivare una strategia che porti ad un cambiamento fortemente motivato, non esclusivamente dipendente dall’idea di raggiungere un aspetto esteriore migliore.

Il fallimento di una dieta è spesso legato al fatto che non viene seguita come trattamento a lungo termine, ma si tende a cambiare di continuo lo specialista, senza comprendere se l’errore è stato scatenato dalla poca costanza o scarsa motivazione.

 
Chi interrompe il piano educativo alimentare durante il primo anno fallisce sempre l’obiettivo, in pochi aderiscono al piano a lungo termine e raramente tornano dallo stesso specialista per avere un rapporto continuativo.

Se qualcuno riesce a mantenere la giusta percentuale di grasso dopo anni dall’inizio di un piano alimentare educativo, significa che ci possono riuscire anche gli altri, ma è indispensabile essere seguiti da un nutrizionista esperto. L’elemento forza della riuscita è la comprensione che il sovrappeso nuoce alla salute e che per contrastarlo efficacemente sono necessari e fondamentali la modifica delle abitudini alimentari, l’attività fisica regolare e il supporto dello specialista, il tutto con continuità e costanza, pena il fallimento dell’impresa.

Un soggetto che vuole dimagrire o comunque modificare la propria alimentazione per motivi di salute, riesce a farlo solo se è convinto e motivato di modificare le proprie abitudini
Occorre misurare o verificare sempre l’adesione alla dieta facendo regolari controlli periodici. Se l’adesione sarà parziale, scontato sarà il fallimento, perché l’efficacia della terapia nutrizionale è fortemente legata alla costante comunicazione fra specialista dell’alimentazione e paziente.

Fonte: Informasalus

martedì 6 ottobre 2015

Difendiamo la Dieta Mediterranea!

 
Una maggiore risposta infiammatoria potrebbe essere la chiave del collegamento tra l’assunzione di grassi saturi, un fattore di rischio già noto per i disturbi correlati all’obesità, e lo sviluppo di malattie come il diabete di tipo 2 e l’aterosclerosi (accumulo di grassi nelle pareti interne arteriose con la possibilità di ostruzione e complicanze cardiovascolari).
 
Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Nutritional Biochemistry dimostra che l’ingestione di grassi simili a quelli presenti nella dieta di tipo Mediterraneo, caratterizzata da scarso contenuto di grassi saturi e ricca di grassi monoinsaturi (acido oleico dell’olio di oliva), sembra diminuire la risposta infiammatoria, sia rispetto a una dieta ricca di grassi saturi, sia in relazione a una dieta povera di grassi.
 
“E’ già stato riconosciuto che nell’obesità, caratterizzata da accumulo eccessivo di grassi diffuso nel corpo e da una dieta poco salutare, possa aumentare il rischio di malattie  metaboliche croniche come l’aterosclerosi, il diabete di tipo 2, e la malattia di Alzheimer, ma non è così per tutti”, dice l’autore leader dello studio C. Lawrence Kien, professore presso la University of Vermont (UVM).
 
“L’infiammazione, che prevede il rilascio da parte delle cellule del sistema immunitario, di sostanze chimiche chiamate citochine, è una reazione di difesa del sistema immunitario, contro le infezioni”. “Tuttavia," dice Kien, “alcuni fattori ambientali (interni all’organismo) e anche dietetici (esterni), possono “mascherarsi” da stimoli infiammatori, causando effetti collaterali che si verificano anche durante le infezioni, e questo può portare a diverse conseguenze per la salute nel lungo termine”.
Secondo Kein e collaboratori, le malattie metaboliche potrebbero avere una componente infiammatoria, e basandosi anche sugli studi che mostrano che i grassi saturi possono dare generalmente effetti metabolici attraverso meccanismi indiretti, il team diretto da Kein ha avuto un’intuizione: “l’effetto pro-infiammatorio dei grassi saturi potrebbe promuovere l’infiammazione tramite un impatto indiretto il che facilita il rischio d’insorgenza dei disordini metabolici che si rilevano anche come complicazioni dell’obesità”.
 
“Diversi scienziati hanno cercato di capire gli effetti dei grassi alimentari sull’infiammazione studiando cellule isolate e “sistemi modello” negli animali”, dice Kien. Per esempio uno studio del 2011 ha riportato che l’acido palmitico, il grassi saturo prevalente nella dieta, ha aumentato la produzione della citochina infiammatoria, nota col nome “interleuchina-1 beta (IL-1beta)” tramite un processo che coinvolge l’attivazione di una risposta del sistema immunitario innato chiamato inflammasoma NLRP3”. “Tuttavia, aggiunge Kien, “resta da stabilire se questi risultati sono rilevanti anche per le diete umane”.
Ebbene, in quest’ultimo studio, Kien e colleghi, tra cui l’immunologo Matthew Poynter, dimostrano, per la prima volta, che variando la quota di acido palmitico, che generalmente  si trova nelle diete umane più comuni,  può variare anche la produzione di IL-1beta. (...)
“In ultima analisi, vorremmo capire come questi grassi alimentari si comportano, sia poco dopo l’ingestione, sia dopo l’accumulo nel tessuto adiposo che consegue a molti mesi di ingestione, contribuendo così all’infiammazione e al rischio di disordini metabolici, “afferma Kien. “In altre parole, la dieta abituale e, soprattutto, il tipo di grasso ingerito può determinare, in parte, i rischi associati con l’obesità. “Tuttavia, aggiunge Kien,
 
è importante riconoscere anche se altri fattori, ad esempio l’attività fisica, e altre caratteristiche delle diete abituali, insieme a un elevato apporto di grassi saturi, possano determinare altri effetti  sulla salute.”